Mi prende lo schiribizzo e me ne vado in discoteca con il mio amico Albert, per fare uno studio socio-antropologico sui giovani d’oggi – dice lui – per respirare un po’ di spensieratezza e luci psichedeliche – dico io.
Anche se è da un po’ che non faccio una fila per andare in un club a ballare, non mi aspetto niente di nuovo, cosa può esserci di così tanto cambiato? I due biglietti ci aprono le porte di una discoteca che mi ricorda la scenografia di quel vecchio programma con la Parietti, come si chiamava, boh, finiva con ‘ondo, non so: arena centrale e piani rialzati tutto intorno.
Io e Albert, ci aggiriamo tranquilli, per niente spaesati, ma piuttosto con l’aria di due che di clubs ne hanno girato parecchi. Siamo persino contenti di questa botta di vita che abbiamo deciso di concederci in questo sabato sera, insomma pronti a divertirci.
La prima cosa che ci salta agli occhi è che al bar non c’è la fila, ed io una cosa del genere in una discoteca non l’ho mai vista. E, in effetti osservando i ragazzi, al posto di bicchieri colmi di Mojito e CubaLibre, noto solo cellulari e mi chiedo “ma col cellulare in mano, in discoteca?”. Vabbè.
Sebbene la musica non sia proprio il massimo - questo dj continua a proporre una sorta di IbizaStyle compilation che risulta completamente decontestualizzata ergo per niente coinvolgente - ci buttiamo nella suddetta arena e proviamo a ballare un po’. Ci proviamo ma invano, perché la gente continua ad andare e venire in tutte le direzioni che partono e giungono da/a noi due, impedendoci di fatto anche un minimo movimento che sia a tempo con la musica, e mi chiedo “ma camminare avanti e indietro in due o in tre o addirittura in quattro invece di ballare, in discoteca?”. Vabbè.
Decidiamo di salire al piano superiore per vedere che aria tira, ce ne stiamo affacciati alla ringhiera osservando la bella gioventù. Io non li distinguo, intendo non li distinguerei neanche se li conoscessi, e mi chiedo “ma neanche uno che decida di indossare qualcosa di un colore che non sia bianco o nero, in discoteca?” Vabbè.
Resistiamo per un’ora, credo un’ora e mezza, poi con uno sguardo della serie “dimmi che te ne vuoi andare anche tu” mettiamo fine alla cosa e ci avviamo all’uscita.
Saliamo in macchina.
…
“Ti ricordi quando in quel club, bevendo la Cucaracha, prese fuoco la camicia hawaiana di Franky?”
“Siiiii.”
“Era diverso.”
“Già.”
“Siamo vecchi?”
“Noo, ma che vecchi.”
all’unisono e ridendo: “Sono-loro-che-non-si-sanno-divertire”!!!
Anche se è da un po’ che non faccio una fila per andare in un club a ballare, non mi aspetto niente di nuovo, cosa può esserci di così tanto cambiato? I due biglietti ci aprono le porte di una discoteca che mi ricorda la scenografia di quel vecchio programma con la Parietti, come si chiamava, boh, finiva con ‘ondo, non so: arena centrale e piani rialzati tutto intorno.
Io e Albert, ci aggiriamo tranquilli, per niente spaesati, ma piuttosto con l’aria di due che di clubs ne hanno girato parecchi. Siamo persino contenti di questa botta di vita che abbiamo deciso di concederci in questo sabato sera, insomma pronti a divertirci.
La prima cosa che ci salta agli occhi è che al bar non c’è la fila, ed io una cosa del genere in una discoteca non l’ho mai vista. E, in effetti osservando i ragazzi, al posto di bicchieri colmi di Mojito e CubaLibre, noto solo cellulari e mi chiedo “ma col cellulare in mano, in discoteca?”. Vabbè.
Sebbene la musica non sia proprio il massimo - questo dj continua a proporre una sorta di IbizaStyle compilation che risulta completamente decontestualizzata ergo per niente coinvolgente - ci buttiamo nella suddetta arena e proviamo a ballare un po’. Ci proviamo ma invano, perché la gente continua ad andare e venire in tutte le direzioni che partono e giungono da/a noi due, impedendoci di fatto anche un minimo movimento che sia a tempo con la musica, e mi chiedo “ma camminare avanti e indietro in due o in tre o addirittura in quattro invece di ballare, in discoteca?”. Vabbè.
Decidiamo di salire al piano superiore per vedere che aria tira, ce ne stiamo affacciati alla ringhiera osservando la bella gioventù. Io non li distinguo, intendo non li distinguerei neanche se li conoscessi, e mi chiedo “ma neanche uno che decida di indossare qualcosa di un colore che non sia bianco o nero, in discoteca?” Vabbè.
Resistiamo per un’ora, credo un’ora e mezza, poi con uno sguardo della serie “dimmi che te ne vuoi andare anche tu” mettiamo fine alla cosa e ci avviamo all’uscita.
Saliamo in macchina.
…
“Ti ricordi quando in quel club, bevendo la Cucaracha, prese fuoco la camicia hawaiana di Franky?”
“Siiiii.”
“Era diverso.”
“Già.”
“Siamo vecchi?”
“Noo, ma che vecchi.”
all’unisono e ridendo: “Sono-loro-che-non-si-sanno-divertire”!!!
10 commenti:
mah!! è una consolazione della nostra generazione o ci siamo divertiti solo noi??
mah!!
buona serata
Mary
ehm ehm io debbo scavare Troia 2 o 3, per ritrovare tracce di ciò....
aiuola cara ciao!
la discoteca per me è un luogo alieno, non ci sono mai stata (beh quasi mai) ma sono stata molto ai concerti in luoghi chiusi, occorre contestualizzarsi quando ci sei ma infine è liberatorio uscirne!
il rumore assordante il casino totale le luci psichedeliche sono una tal tortura per le orecchie per la mente che mi è proprio impossibile associarlo al divertimento! anche un ristorante troppo vociante mi disturba..ma quel che vedo di certi comportamenti e abitudini incallite dei giovani è pura autodistruttività mista a passività e conformismo idiota, è sconcertante perché è come se non avessero cognizione alcuna dei diritti ad essere trattati bene,con dignità con rispetto con eleganza!!
ps: sarà che ho un'idea del divertimento in amplificazione non in scomodità e deprivazione!
@marypoppins: credo sia la consolazione di ogni generazione precedente rispetto a quella che si osserva. Il "sono.loro.che.non.si.sanno.divertire" è un classico intramontabile, non c'è generazione che non l'abbia pronunciata.
@artemisia: ah aha ah, daaai! voglio il revival, la movida romana nei ricordi artemisiani!
@papavero: passività e conformismo, concordo. Li vedo pienamente conformati ad esempi televisivi a dir poco deleteri, laddove idiozia, aggressività e ignoranza regnano sovrani.
Ai miei tempi (e qui mi scappa un'altra risata)anche in discoteca ci si esprimeva con più originalità, seguendo questa o quella corrente esibizionistico-musico-politico-culturale e, vivaddio, la diversità proliferava.
Adesso la parola d'ordine è omologazione televisiva: CHE DISASTRO!
Giusto qualche giorno fa si meditava tra amiche che è moltissimo (anni) che non facciamo un salto in discoteca ... che dici metto la musica a tutto volume e mi scateno i salotto?
anche io la penso come te ... sarà ... ma oltre a non sapersi divertire non apprezzano la libertà che hanno e che noi ci siamo conquistati mezz'ora dopo mezz'ora a suon di castighi e sgridate !
Manuela
Ciao aiuolina,
forse ti riferisci al programma del 1997 "Macao" condotto dalla Parietti e diretto da Gianni Boncompagni?
Guarda un po'?
Macao
I cellullari in disco???
Beh io credo proprio che i giovani d'oggi non si sappiano più divertire con la semplicità...già era difficile allora far conoscenza con qualcuno...figurarsi ora se ognuno sta per conto suo con il telefonino in mano a scambiarsi messagini...e poi quando si trova di fronte un ragazzo/a non sa come presentarsi...
Io sono stata una patita della discoteca e della musica, e all'inizio c'erano pure i lenti con le musiche dei Matia Bazar dove un ragazzo ti domandava :"Vuoi ballare" ed tu rispondevi: "Si, grazie" o "No, grazie"...
Altri tempi ehhhh....
Si comunicava allora direttamente, viso contro viso, sguardo contro sguardo...
Hai perfettamente ragione a dire che ora la parola d'ordine è omologazione televisiva!!!
Comunque ora non vado più in disco perchè farei ridere a questi giovincelli e anche a me stessa
:-) ma a delle serate particolari, in posti giusti, con gente grande e music soft o lounge si si...
Qualche rinpatriata con gli amici l'abbiamo fatta :)
Un bacio
@twostella: si, stellina, sono certa che ti diverti di più in salotto... :)
@manuela: ci dava un gran gusto tornare tardi la sera...
carla: sì carla, era proprio Macao!
Sono contenta di scoprire le disco-radici comuni con te e con altre amiche bloggers, è divertente confrontarsi anche sul proprio passato oltre che sul presente.
...che triste...e pensare che oggi ho avuto un flash back ascoltando delle canzoni disco anni 90 ed ho chiesto a mio marito se mi riporta, una sera, a ballare... Devo battere sul tasto socio-antropologico...
Che bel blog! Complimenti, è fresco e vivace, che buon odore!
Cristina
http://cristinamarsi.blogspot.com/
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