sabato 23 maggio 2009

Campagna. Atmosfere alla Montalbano.



Il compleanno di Dodo diventa l'occasione ideale per rincontrarsi e trascorrere insieme una domenica in campagna.

La bella tavola rustica ci accoglie in gran quantità e ci offre appoggio per gustare un barbeque preparato da mani italo-argentine.


Poi ce ne andiamo ad esplorare questo luogo bellissimo, gattopardesco... da sogno.

Con i più piccoli, ad osservare le lumache... elici-passione di britannica ispirazione.

Infine, sul calar della sera, tutti a casa. Sfiniti, ma assai contenti :-)



giovedì 14 maggio 2009

lunedì 11 maggio 2009

Snobismi. Ho marinato l'agnello nel perlage.

Sono certa che ognuna di voi ha in dispensa almeno una bottiglia di bollicine che ha un giorno di troppo e che, ahimè, non è stato versato nel suo momento migliore. Non disperiamo, nè disperdiamo: mariniamo!
L'idea mi è venuta sistemando la dispensa e pensando ad una ricetta accattivante per la venuta di Sommy in terra di Bruttium. Avevo l'agnello e avevo questa bottiglia di Pinot... ed ho pensato di sperimentare una marinatura a crudo con effetto perlage. Mi sono rifatta alla ricetta di marinata a freddo che conservo da anni e che avevo ritagliato da una rivista.
Eccola:
Tempo di marinatura: da 6 a 12 ore.
Ingredienti per 800 gr.
  • vino bianco o rosso (in questo caso bollicine) 800 ml
  • olio d'oliva 3 cucchiai
  • cipolla 1
  • carota 1
  • sedano 1 gambo
  • aglio 1 spicchio
  • alloro 2 foglie
  • salvia 1 rametto
  • grani di pepe 10
  • bacche di ginepro 10
  • chiodi di garofano 2
  • scorze di arancia 1
  • scorze di limone 1



    Procedimento:
  • versate tutti gli ingredienti sulla carne adagiata in un recipiente.
  • lasciate riposare nella parte meno fredda del frigo il tempo indicato nella ricetta (da 6 a 12 ore).
  • rigiarete 2-3 volte
  • scolate la carne, asciugatela, cuocetela seguendo le indicazioni della ricetta prescelta.
Il liquido della marinata filtrato può essere usato per la cottura ( per esempio brasati).



domenica 10 maggio 2009

Tutte al sole.

Vado a mille. Ho smontato tutte le tende: grandi, piccole, larghe e strette. Sono come una saetta odorosa che "ridona freschezza e brillantezza ai tessuti". Un tornado aiuolino che approfitta del sole, pieno, caldo, generoso, di questi giorni per lavare, inamidare, stirare, riappendere e godere del profumo di marsiglia che inebria me e la casa.
Ahhh, finalmente!

mercoledì 6 maggio 2009

Carta. Ancora fiori.






















Credo si tratti di carta da decoupage, ma quando mi capita di trovarla in negozi non specializzati, ne compro sempre un bel po', pensando a questi fogli come involucro ideale di regali ancora da donare.

Io ho individuato:
  • la rosa
  • la camelia
  • il fiore di limone
mi manca quello bellissimo col piumino color amaranto,... mi aiutate voi? ;-)

martedì 5 maggio 2009

Il colore viola.


C'è stato un momento, nell'ultimo mese, in cui - tra un temporale e l'altro - i glicini della città sono esplosi in fioritura. E nonostante il grigiore generale provasse a mortificarne i toni, be', quelli ostentavano tralci carichi, come grappoloni di moscato. Ah, grazie natura, grazie! Questa signora pianta, nello specifico, porta alla grande i suoi sessant'anni e passa, e noi non finiremo mai di bearci nell'ammirarla, nell'annusarla.



Come dicevo, il momento è stato circoscritto, le pioggie frequenti hanno inzuppato presto i fiori e hanno annegato il profumo, ma per due o tre giorni ho camminato col naso all'insù, persa nei miei pensieri e nel colore viola.




giovedì 23 aprile 2009

Il fatto è che piove!


Nonostante i tigli abbiano prodotto nuove, piccole, foglie, preludio di un profumo che inonderà l'intera piazza, ebbene, continua a piovere.
Sicché la letargia stenta a scomparire, i propositi legati alla primavera non ci pensano proprio a farsi avanti, tutto rimane come sospeso, nell'attesa di un clima che cambi... per far cambiare anche noi.
Dire che qui è autunno pieno, vi assicuro, non è una esagerazione: temperature basse e forte umidità.
Bucato e basilico cercano il sole e non lo trovano :-) , presto mi chiederanno delle spiegazioni. Io vago per casa con le spallucce contratte e un diavolo per capello: non c'è niente di peggio del freddo, figuriamoci del freddo fuori stagione.
Poi penso all'Abruzzo, la situazione, la gente, le tendopoli, con il clima che ci mette il carico... e i diavoli per capello si moltiplicano, si centuplicano.
Medusa!

mercoledì 15 aprile 2009

La stanza da bagno.



La mia stanza da bagno è un luogo in cui amo trascorrere del tempo, ammesso che ne abbia a disposizione. E’ un luogo in cui i profumi e i colori mettono di buon umore, luminosa al mattino per cominciare la giornata sotto la doccia, con le luci soffuse, per favorire il relax di un bagno caldo serale. E’ il luogo delle spugne morbide e avvolgenti, dei vapori balsamici, delle creme, cremine, lozioni, impacchi, oli, e chi più ne ha (di spazio), più ne metta!
Sebbene piccina, la mia stanza da bagno non manca di nulla, ve la faccio vedere.



sabato 11 aprile 2009

Buona Pasqua.


Dolce pasquale, ovvero il Cucùlo vestito a festa.


Nella mia città, il dolce tradizionale di Pasqua è il Cucùlo. Che strano nome! Sono andata alla ricerca di informazioni a riguardo, origini e via dicendo, ma non ne sono venuta a capo. Ci accontenteremo, perciò, della ricetta e delle foto che ho scattato a questo esemplare realizzato da mano materna.



Ci sono due versioni dei Cucùli, la ricetta “biscottata” e la ricetta “briosche”. Questa ritratta è la versione “biscottata” ed eccovi la ricetta:
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1kg di farina
6 uova ( di cui 6 tuorli e 4 albumi)
350 gr di zucchero
200 gr di margarina
100 ml di latte
la scorza grattugiata di un limone non trattato
2 bustine di lievito per dolci
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Amalgamare nell’ordine: uova, zucchero, margarina, latte, farina a cui era stato precedentenmente aggiunto il lievito per dolci. “Ammassare” come se impastassimo per lavorare la pasta fresca. Una volta ottenuta quella consistenza stendere avendo ben chiara la forma che si vuol dare al Cucùlo: a me piace tanto la treccia nella cui estremità superiore viene alloggiato un uovo sodo, ovvero la “bambolina”. E poi cerchi, cuori, trecce piccole e grandi… e via libera alla fantasia. In forno a 150° per 1/2 ora o fino a quando la base dei Cucùli apparirà dorata.
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Donare uno di questi dolci pasquali fatti in casa è un gesto ben augurale, propizio e sempre gradito. Per vestire a festa il Cucùlo ho scelto un nastro di raso azzurro, e una piccola decorazione floreale appartenuta a chissà quale bomboniera. L’effetto è semplice ma efficace.


Bello a vedersi, purtroppo il Cucùlo non rimane vestito a lungo. Già me lo immagino a colazione, galleggiare nella mia tazza di caffellatte: cucù…, Cucùlo!






lunedì 6 aprile 2009

Samovar: Aiuola prepara un tè per Jurij Andrèevič Živago.


“Ora attraversando l’ufficio, Jurij Andrèevič guardò con desiderio la finestra con la sua ampia vista, la grandezza e la posizione del tavolo e la vastità della stanza ben arredata e, quando rientrando in sala da pranzo, insieme ad Aleksàndr Aleksàndrovič si avvicinò alla tavola preparata per il tè, la prima cosa che disse fu:
‘Che posti stupendi! E che studio meraviglioso! Ispira, fa venire voglia di lavorare.’
‘Lo preferite nel bicchiere o nella tazza? Come vi piace, chiaro o forte?’ ”


[…] ‘Allora anche il tè è naturale?’
‘Si capisce, con il fiore.’

‘Dove lo prendete?’
‘E’ una manna dal cielo. Ce lo fornisce un conoscente. Un uomo attivo con idee molto di sinistra, esponente ufficiale del Consiglio dell’economia della provincia. Viene qui a ritirare la legna per portarla in città, e a noi conoscenti porta farina, burro e altro. Siverka (così chiamava Averkij), Siverka, passami i biscotti. E adesso, scusate la curiosità, ma vorrei sapere da voi in che anno morì Griboedov.’



“La moglie lo nutriva di pane bianco col burro e gli dava da bere tè zuccherato e caffè. Jurij Andrèevič aveva dimenticato che tutto questo adesso non c’era più e si rallegrava di quelle raffinatezze, come per una poesia o una fiaba, quasi fossero cibi normali, che spettassero, anzi, di diritto a un convalescente.”


Tutte le citazioni da: Borìs Pasternàk, Il dottor Živago.

domenica 5 aprile 2009

Cronaca di un disastro annunciato.


Quando si agisce frettolosamente, le cose non vanno nel verso giusto: lo dice la saggezza popolare, lo dicono le maestre a scuola, lo dicono gli assicuratori auto, insomma, è un dato di fatto. A dirla tutta, quando quel pomeriggio mi sono fermata dal primo ambulante incontrato sulla strada, per acquistare un misurino nuovo, sentivo di agire con avventatezza.
Il misurino – mie care, voi lo sapete di certo – è un oggetto che richiede la massima affidabilità. Non è un caso che mia madre abbia e utilizzi lo stesso misurino da 30 anni, quello e solo quello. Pertanto, nell’acquisto, ci si affiderà a riferimenti ben precisi, a case di produzione di esperienza, collaudate, non di certo alla prima bancarella.

Ma, al tempo stesso, se l’acquisto viene effettuato:

1. in un pomeriggio invernale freddo e piovoso;
2. con l’autobus da prendere al volo per tornare a casa dal lavoro;
3. con l’immagine del tuo vecchio amato misurino ridotto in frantumi;
4. con in testa l’idea ossessiva di una torta (accidenti-a-quando-sbircio-il- web-sul-posto-di-lavoro) che ha appena fatto capolino da un blog e che tu hai deciso di fare OGGI! Oggi, e non domani o dopodomani, la voglio fare oggi!

Be’, in questo caso, tu punti quel dannato misurino opalescente sul banco, lo paghi e via, e non c’è niente che possa fermarti.

La ricetta perfetta era semplice e garantiva un risultato fragrante, odoroso e confortante, proprio come piace a me. Già all’impasto ho subodorato il disastro in agguato. Troppo liquido, continuavo a dirmi. Ma, si sa, quando si ha a che fare per la prima volta con una ricetta, la si prende con le pinze. Completato l’impasto e messa la teglia in forno, ho vegliato il dolce per i primi 5’. Poi in preda al diabolico sospetto, ho mostrato indifferenza, come di chi non vuol sapere. E mi sono tenuta impegnata con altro, ripromettendomi di tornare in cucina solo al trillo del timer. Così è stato.
Concedetemi, vi prego, di non descrivervi quello che potremmo definire un magnifico esempio di “sottiletta dolce alle spezie”, c’è un limite anche alla ciofeca. Né descriverò la furia che si è abbattuta sul misurino mendace. Il bieco ingannatore dai numeri messi a caso, è stato declassato ad annaffiatoio per vasi di piccola taglia, in esilio nell’aiuola odorosa.

Al contrario, non vi nascondo che una certa sfrontatezza mi ha spinto comunque a sottoporre la disastrosa “sottiletta dolce alle spezie" all’ignaro Sommy, il quale, a seguito delle sue rimostranze, galantemente limitate alla sola cottura, si è beccato un nonchalantico: “ma è fatto apposta, possibile che tu non lo capisca?” :-)

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.P.s. Occhio agli acquisti frettolosi: non tutti i misurini riescono con la misura!

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Questo post partecipa al Disaster Award, premio indetto dal blog Cuoche dell'altro mondo.

Ciao, Alex.

mercoledì 1 aprile 2009

La sposa che non ha sposato.


Questo è il bouquet della sposa che non ha sposato,
il cremisi dell’amore che non si è compiuto,
il candore del sogno che non si è avverato.

Questo è il bouquet dell’anello restituito,
il cremisi del cuore turbato,
il candore dello spirito arreso.

Questo è il bouquet che ho ricevuto.
Poi, il fiume ha esondato.




A tutte le spose che non hanno sposato.
a.o.

venerdì 27 marzo 2009

Venerdì. Il buon giorno si vede dal mattino.



Finalmente un nuovo venerdì tutto per noi. Da quanto tempo! Approfittando della mattina libera, mi dedico una prima colazione che sia “stagionalmente corretta”, per i colori intendo. Questa primavera timida, che stenta a manifestarsi, che ci lancia un raggio di sole e poi nasconde la mano, ha bisogno di essere sollecitata.






Chiamo a raccolta tazze e bicchieri, bricchi e posate, ciotole, il tovagliolo fucsia, piattini, marmellate… persino un libro azzurrino, una penna blu e verde mela, il cuore rosso di Keith Haring. Tutti a rapporto.

Let’s colour now!




Buon venerdì.

mercoledì 25 marzo 2009

Il paradiso siamo noi!


Mi prende lo schiribizzo e me ne vado in discoteca con il mio amico Albert, per fare uno studio socio-antropologico sui giovani d’oggi – dice lui – per respirare un po’ di spensieratezza e luci psichedeliche – dico io.
Anche se è da un po’ che non faccio una fila per andare in un club a ballare, non mi aspetto niente di nuovo, cosa può esserci di così tanto cambiato? I due biglietti ci aprono le porte di una discoteca che mi ricorda la scenografia di quel vecchio programma con la Parietti, come si chiamava, boh, finiva con ‘ondo, non so: arena centrale e piani rialzati tutto intorno.
Io e Albert, ci aggiriamo tranquilli, per niente spaesati, ma piuttosto con l’aria di due che di clubs ne hanno girato parecchi. Siamo persino contenti di questa botta di vita che abbiamo deciso di concederci in questo sabato sera, insomma pronti a divertirci.
La prima cosa che ci salta agli occhi è che al bar non c’è la fila, ed io una cosa del genere in una discoteca non l’ho mai vista. E, in effetti osservando i ragazzi, al posto di bicchieri colmi di Mojito e CubaLibre, noto solo cellulari e mi chiedo “ma col cellulare in mano, in discoteca?”. Vabbè.
Sebbene la musica non sia proprio il massimo - questo dj continua a proporre una sorta di IbizaStyle compilation che risulta completamente decontestualizzata ergo per niente coinvolgente - ci buttiamo nella suddetta arena e proviamo a ballare un po’. Ci proviamo ma invano, perché la gente continua ad andare e venire in tutte le direzioni che partono e giungono da/a noi due, impedendoci di fatto anche un minimo movimento che sia a tempo con la musica, e mi chiedo “ma camminare avanti e indietro in due o in tre o addirittura in quattro invece di ballare, in discoteca?”. Vabbè.
Decidiamo di salire al piano superiore per vedere che aria tira, ce ne stiamo affacciati alla ringhiera osservando la bella gioventù. Io non li distinguo, intendo non li distinguerei neanche se li conoscessi, e mi chiedo “ma neanche uno che decida di indossare qualcosa di un colore che non sia bianco o nero, in discoteca?” Vabbè.
Resistiamo per un’ora, credo un’ora e mezza, poi con uno sguardo della serie “dimmi che te ne vuoi andare anche tu” mettiamo fine alla cosa e ci avviamo all’uscita.
Saliamo in macchina.


“Ti ricordi quando in quel club, bevendo la Cucaracha, prese fuoco la camicia hawaiana di Franky?”
“Siiiii.”
“Era diverso.”
“Già.”
“Siamo vecchi?”
“Noo, ma che vecchi.”
all’unisono e ridendo: “Sono-loro-che-non-si-sanno-divertire”!!!

mercoledì 18 marzo 2009

Flower power. Dopo il giallo arriva il rosa.

L'intera stradina, tutta di rosa vestita.

domenica 15 marzo 2009

Diabolico perseverare nel giallo: uova alla belga.


[…] Devo uscire a comprare qualcosa. È quasi una settimana che vivo solo di yogurt e birra. Lo yogurt è finito stamattina, tra un quarto d’ora chiuderà la drogheria notturna di via Ben-Yehuda e io non resisterò un’altra notte senza un po’ di cibo solido. […]

David Grossman, Che tu sia per me coltello.




No, non preoccupatevi per me, non sono proprio ridotta come Yair. E’ vero che ho birra e yogurt, ma ho anche uova, indivia, cipolla bionda, burro, curry, ovvero gli ingredienti necessari per questa ricetta che ho deciso di rispolverare proprio oggi. In realtà la ricetta non prevede le uova, quando l’assaggiai a casa di una mia amica, infatti, trattavasi di ‘petti di pollo alla belga’, ricetta che lei, a sua volta, aveva copiato nel locale dove lavorava, in piazza del Pantheon. Oggi, però, i petti di pollo mancano, e trovano degna sostituzione nelle uova.
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Questa ricetta ha l’effetto sorpresa. Quando la nominerete, proponendola ai vostri commensali, essi penseranno immediatamente alla cucina del Belgio, con annessi e connessi. Poi si troveranno di fronte ad un ingrediente non propriamente belga: il curry!
Di certo vi chiederanno spiegazioni e voi direte: ‘quel ‘belga’ sta per indivia belga’ e loro risponderanno ‘aaaaah’.



Uova alla belga:
in un bella padella antiaderente fate andare il burro e dorate la cipolla tagliata grossolanamente. Aggiungete l’indivia anch’essa tagliata a rondelloni, poi il sale e fate appassire. Usate un po’ dell’acqua fuoriuscita dalla verdura per stemperare – a parte – il curry . Per la quantità di curry, regolatevi secondo le vostre abitudini. Versate la cremina di curry in tegame e allungate con mezzo bicchiere d’acqua. Lasciate evaporare. Fate spazio al centro del tegame e versate le uova, coprite con un coperchio, a fuoco basso per tre/quattro minuti, a seconda se le preferite morbide o leggermente rapprese. Servite le uova sul letto d’indivia, o con questa a fianco o come meglio vi aggrada.

sabato 14 marzo 2009

Con Elvis in loggetta. Riallacciandomi al giallo papaveresco.




"Spring fever, spring is here at last
Spring fever, my heart’s beating fast"

Spring Fever, Elvis Presley